681.
De re militari lib. XII,
Verona
anno D. 1472,
in fol. fig.
,
Edizione prima e rara di questo libro; legato in
mar dor. Il nostro esemplare combina colla descrizione
datane dal de Bure e da altri bibliografi, cominciando coi
quattro foglietti Elencus ossia Index rerum, indi la
prefazione che incomincia Credo equidem e il fine ove sono
li 32 versi latini, i quali cominciano Valturii nostrae
Princeps altissime linguae, e terminano Teque sequi
ec. indi: Johannes ex Verona oriundus Nicalai Cyrurgie
meidici filius, Artis impressorias magister, hunc de re
militari librum elegantissimum litteris et figuratis signis,
sua in Patria, impressit an. 1472.
La preziosità
singolare di questo libro è nelle stampe in legno eseguite
probabilmente da Matteo Pasti Veronese, il quale unitamente
a Vittore Pisano detto Pisanello, pur veronese, lavorò molto
per li Malatesti di Rimino: e per conseguenza anche questi
disegni che illustrarono un’opera di autore Ariminese
dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta possono essere
stati eseguiti da uno di quegli artefici, che erano per
l’ingegno loro non, solo più chiari in Verona, dove il libro
venne stampato, ma anche più accetti a que’ Mecenati sotto
il cui dominio ogni ramo d’arte e di lettere godeva di
nobilissima protezione. 82 sono le stampe sparse fra il
testo, alcune delle quali difficili e complicate per la
prospettiva, sono mirabilmente disegnate, in tutto ciò che
alla figura umana appartiene: non veggiamo che siasi
eseguita cosa migliore in quell’epoca, in cui le scuote
della Germania vantavano uomini chiari e contendevano
all’Italia il primato nel 125 le arti
dell’intaglio e della stampa. L’Esopo del Tuppo è di gran
lunga inferiore in merito di disegno, quantunque prodotto
una dozzina d’anni dopo e ragionevolmente tengasi in tanto
pregio. Aggiungiamo che lo stesso Valturio era disegnatore,
come il riferiscono alcune lettere dal Battara riportate
nella Raccolta Milanese: ma appunto esaminando le tavole del
Valturio trovatisi differenze notabili fra alcune che
possono essere tracciate da un ingegnere semplicemente e
altre da un peritissimo artista. Oltre di che, giova notare
la molta somiglianza, che passa tra alcuni disegni di queste
figure e lo stile delle opere di scultura, che veggiamo in
alcuni bellissimi medaglioni di Matteo Pasto e di Vettor
Pisano, i quali erano in quell’età insigni nell’arte di
modellare, dipingere, disegnate ec. Poco o nulla sul merito
di queste tavole si estendono gli scrittori. Il Papilou ne
tace, il sig. Ottley indica qualche cosa
sull’assertiva data dal Maffei nella sua Verona illustrata e
si riporta al fac simile che il sig Dibdin ha dato nella
Spenceriana.
Edizione prima e rara di questo libro; legato in
mar dor. Il nostro esemplare combina colla descrizione
datane dal de Bure e da altri bibliografi, cominciando coi
quattro foglietti Elencus ossia Index rerum, indi la
prefazione che incomincia Credo equidem e il fine ove sono
li 32 versi latini, i quali cominciano Valturii nostrae
Princeps altissime linguae, e terminano Teque sequi
ec. indi: Johannes ex Verona oriundus Nicalai Cyrurgie
meidici filius, Artis impressorias magister, hunc de re
militari librum elegantissimum litteris et figuratis signis,
sua in Patria, impressit an. 1472.
La preziosità
singolare di questo libro è nelle stampe in legno eseguite
probabilmente da Matteo Pasti Veronese, il quale unitamente
a Vittore Pisano detto Pisanello, pur veronese, lavorò molto
per li Malatesti di Rimino: e per conseguenza anche questi
disegni che illustrarono un’opera di autore Ariminese
dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta possono essere
stati eseguiti da uno di quegli artefici, che erano per
l’ingegno loro non, solo più chiari in Verona, dove il libro
venne stampato, ma anche più accetti a que’ Mecenati sotto
il cui dominio ogni ramo d’arte e di lettere godeva di
nobilissima protezione. 82 sono le stampe sparse fra il
testo, alcune delle quali difficili e complicate per la
prospettiva, sono mirabilmente disegnate, in tutto ciò che
alla figura umana appartiene: non veggiamo che siasi
eseguita cosa migliore in quell’epoca, in cui le scuote
della Germania vantavano uomini chiari e contendevano
all’Italia il primato nel 125 le arti
dell’intaglio e della stampa. L’Esopo del Tuppo è di gran
lunga inferiore in merito di disegno, quantunque prodotto
una dozzina d’anni dopo e ragionevolmente tengasi in tanto
pregio. Aggiungiamo che lo stesso Valturio era disegnatore,
come il riferiscono alcune lettere dal Battara riportate
nella Raccolta Milanese: ma appunto esaminando le tavole del
Valturio trovatisi differenze notabili fra alcune che
possono essere tracciate da un ingegnere semplicemente e
altre da un peritissimo artista. Oltre di che, giova notare
la molta somiglianza, che passa tra alcuni disegni di queste
figure e lo stile delle opere di scultura, che veggiamo in
alcuni bellissimi medaglioni di Matteo Pasto e di Vettor
Pisano, i quali erano in quell’età insigni nell’arte di
modellare, dipingere, disegnate ec. Poco o nulla sul merito
di queste tavole si estendono gli scrittori. Il Papilou ne
tace, il sig. Ottley indica qualche cosa
sull’assertiva data dal Maffei nella sua Verona illustrata e
si riporta al fac simile che il sig Dibdin ha dato nella
Spenceriana.
Show More
Edizione prima e rara di questo libro; legato in mar dor. Il nostro esemplare combina colla descrizione datane dal de Bure e da altri bibliografi, cominciando coi quattro foglietti Elencus ossia Index rerum, indi la prefazione che incomincia Credo equidem e il fine ove sono li 32 versi latini, i quali cominciano Valturii nostrae Princeps altissime linguae, e terminano Teque sequi ec. indi: Johannes ex Verona oriundus Nicalai Cyrurgie meidici filius, Artis impressorias magister, hunc de re militari librum elegantissimum litteris et figuratis signis, sua in Patria, impressit an. 1472.
La preziosità singolare di questo libro è nelle stampe in legno eseguite probabilmente da Matteo Pasti Veronese, il quale unitamente a Vittore Pisano detto Pisanello, pur veronese, lavorò molto per li Malatesti di Rimino: e per conseguenza anche questi disegni che illustrarono un’opera di autore Ariminese dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta possono essere stati eseguiti da uno di quegli artefici, che erano per l’ingegno loro non, solo più chiari in Verona, dove il libro venne stampato, ma anche più accetti a que’ Mecenati sotto il cui dominio ogni ramo d’arte e di lettere godeva di nobilissima protezione. 82 sono le stampe sparse fra il testo, alcune delle quali difficili e complicate per la prospettiva, sono mirabilmente disegnate, in tutto ciò che alla figura umana appartiene: non veggiamo che siasi eseguita cosa migliore in quell’epoca, in cui le scuote della Germania vantavano uomini chiari e contendevano all’Italia il primato nel 125 le arti dell’intaglio e della stampa. L’Esopo del Tuppo è di gran lunga inferiore in merito di disegno, quantunque prodotto una dozzina d’anni dopo e ragionevolmente tengasi in tanto pregio. Aggiungiamo che lo stesso Valturio era disegnatore, come il riferiscono alcune lettere dal Battara riportate nella Raccolta Milanese: ma appunto esaminando le tavole del Valturio trovatisi differenze notabili fra alcune che possono essere tracciate da un ingegnere semplicemente e altre da un peritissimo artista. Oltre di che, giova notare la molta somiglianza, che passa tra alcuni disegni di queste figure e lo stile delle opere di scultura, che veggiamo in alcuni bellissimi medaglioni di Matteo Pasto e di Vettor Pisano, i quali erano in quell’età insigni nell’arte di modellare, dipingere, disegnate ec. Poco o nulla sul merito di queste tavole si estendono gli scrittori. Il Papilou ne tace, il sig. Ottley indica qualche cosa sull’assertiva data dal Maffei nella sua Verona illustrata e si riporta al fac simile che il sig Dibdin ha dato nella Spenceriana.
Edizione prima e rara di questo libro; legato in mar dor. Il nostro esemplare combina colla descrizione datane dal de Bure e da altri bibliografi, cominciando coi quattro foglietti Elencus ossia Index rerum, indi la prefazione che incomincia Credo equidem e il fine ove sono li 32 versi latini, i quali cominciano Valturii nostrae Princeps altissime linguae, e terminano Teque sequi ec. indi: Johannes ex Verona oriundus Nicalai Cyrurgie meidici filius, Artis impressorias magister, hunc de re militari librum elegantissimum litteris et figuratis signis, sua in Patria, impressit an. 1472.
La preziosità singolare di questo libro è nelle stampe in legno eseguite probabilmente da Matteo Pasti Veronese, il quale unitamente a Vittore Pisano detto Pisanello, pur veronese, lavorò molto per li Malatesti di Rimino: e per conseguenza anche questi disegni che illustrarono un’opera di autore Ariminese dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta possono essere stati eseguiti da uno di quegli artefici, che erano per l’ingegno loro non, solo più chiari in Verona, dove il libro venne stampato, ma anche più accetti a que’ Mecenati sotto il cui dominio ogni ramo d’arte e di lettere godeva di nobilissima protezione. 82 sono le stampe sparse fra il testo, alcune delle quali difficili e complicate per la prospettiva, sono mirabilmente disegnate, in tutto ciò che alla figura umana appartiene: non veggiamo che siasi eseguita cosa migliore in quell’epoca, in cui le scuote della Germania vantavano uomini chiari e contendevano all’Italia il primato nel 125 le arti dell’intaglio e della stampa. L’Esopo del Tuppo è di gran lunga inferiore in merito di disegno, quantunque prodotto una dozzina d’anni dopo e ragionevolmente tengasi in tanto pregio. Aggiungiamo che lo stesso Valturio era disegnatore, come il riferiscono alcune lettere dal Battara riportate nella Raccolta Milanese: ma appunto esaminando le tavole del Valturio trovatisi differenze notabili fra alcune che possono essere tracciate da un ingegnere semplicemente e altre da un peritissimo artista. Oltre di che, giova notare la molta somiglianza, che passa tra alcuni disegni di queste figure e lo stile delle opere di scultura, che veggiamo in alcuni bellissimi medaglioni di Matteo Pasto e di Vettor Pisano, i quali erano in quell’età insigni nell’arte di modellare, dipingere, disegnate ec. Poco o nulla sul merito di queste tavole si estendono gli scrittori. Il Papilou ne tace, il sig. Ottley indica qualche cosa sull’assertiva data dal Maffei nella sua Verona illustrata e si riporta al fac simile che il sig Dibdin ha dato nella Spenceriana.