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Topic
Gems
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Catalogo Section
Numismatica e pietre intagliate
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Quest’opera fu riunita e pubblicata da Basan, essendo rimasta imperfetta presso l’autore, che aveva fatto tirare
qualche esemplare soltanto delle tavole senza numeri e senza illustrazioni. Il pregio massimo è di possederla in
quello stato di prima imperfezione. Ma siccome ne furono tirati pochissimi esemplari, le tavole sono
freschissime, anche in questa di Basan, alle quali vennero aggiunti i numeri e un cenno relativo a ciascun
soggetto sulle stesse tavole intagliato.
Quest’opera fu riunita e pubblicata da Basan, essendo rimasta imperfetta presso l’autore, che aveva fatto tirare
qualche esemplare soltanto delle tavole senza numeri e senza illustrazioni. Il pregio massimo è di possederla in
quello stato di prima imperfezione. Ma siccome ne furono tirati pochissimi esemplari, le tavole sono
freschissime, anche in questa di Basan, alle quali vennero aggiunti i numeri e un cenno relativo a ciascun
soggetto sulle stesse tavole intagliato.
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, Edizione che sembraci originale, sebbene siasi dubitato che la prima fosse pubblicata nel 1690, confondendo
quest’opera con quella del Museo Romano; ma noi non l’abbiamo mai veduta. Quest’opera contiene dugento
tavole intagliate in rame a contorno e assai nitidamente, da P. S. Bartoli colle rispettive illustrazioni, precedute
dalla dedica, dal proemio e dagl’indici delle gemme.
Edizione che sembraci originale, sebbene siasi dubitato che la prima fosse pubblicata nel 1690, confondendo
quest’opera con quella del Museo Romano; ma noi non l’abbiamo mai veduta. Quest’opera contiene dugento
tavole intagliate in rame a contorno e assai nitidamente, da P. S. Bartoli colle rispettive illustrazioni, precedute
dalla dedica, dal proemio e dagl’indici delle gemme.
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, Michelangelo parigino, Sono dugento tavole di gemme scelte dalle più insigni biblioteche incise in rame, oltre 60 vignette in cui sono
intagliate altrettante gemme e le sei tavole dell’Atlante Farnesiano con molti prolegomeni e discussioni e 15
dissertazioni del Passeri nel terzo volume con molti indici
Sono dugento tavole di gemme scelte dalle più insigni biblioteche incise in rame, oltre 60 vignette in cui sono
intagliate altrettante gemme e le sei tavole dell’Atlante Farnesiano con molti prolegomeni e discussioni e 15
dissertazioni del Passeri nel terzo volume con molti indici
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, Nel frontespizio figurato del primo volume sono le due iniziali di questo autore, che nell’opera apparisce
anonimo. Cento tavole contiene il primo volume e cento e quattro il secondo. Quest’opera non ha il lenoncino di
una linda incisione, ma è fatta con gusto e alla pittoresca, siccome succinte e sensate sono le descrizioni. Una
parte di queste tavole fu riprodotta a Londra pochi anni dopo. Vedi Ogle
Nel frontespizio figurato del primo volume sono le due iniziali di questo autore, che nell’opera apparisce
anonimo. Cento tavole contiene il primo volume e cento e quattro il secondo. Quest’opera non ha il lenoncino di
una linda incisione, ma è fatta con gusto e alla pittoresca, siccome succinte e sensate sono le descrizioni. Una
parte di queste tavole fu riprodotta a Londra pochi anni dopo. Vedi Ogle
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, Le cinquanta tavole, compreso il frontespizio e una dedica, tratte da cattivi disegni ed incise da Valeriauo
Regnart mediocrissimo intagliatore e scolaro di Thomasin e da Luca Ciamberlau d’Urbino, formano il volume
che non ha altre spiegazioni fuori di alcuni distici latini incisi sulle stesse lamine. Pietro Stefanoni avea ideato di
intitolare il libro al famoso conte di Arundel: ma essendo mancato, mentre l’opera stava per escire alle stampe,
Giacomo Stefanoni, suo figlio, lo intitolò poi al nipote Enrico conte di Arundel. Questo libro comparve la prima
volta a Roma nel 1627 e fu poi dal Liceti riprodotto con le illustrazioni nel 1653 sotto il nome di Hierogliphica
ec. Padova.
Le cinquanta tavole, compreso il frontespizio e una dedica, tratte da cattivi disegni ed incise da Valeriauo
Regnart mediocrissimo intagliatore e scolaro di Thomasin e da Luca Ciamberlau d’Urbino, formano il volume
che non ha altre spiegazioni fuori di alcuni distici latini incisi sulle stesse lamine. Pietro Stefanoni avea ideato di
intitolare il libro al famoso conte di Arundel: ma essendo mancato, mentre l’opera stava per escire alle stampe,
Giacomo Stefanoni, suo figlio, lo intitolò poi al nipote Enrico conte di Arundel. Questo libro comparve la prima
volta a Roma nel 1627 e fu poi dal Liceti riprodotto con le illustrazioni nel 1653 sotto il nome di Hierogliphica
ec. Padova.
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