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Della architettura trattati
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A tergo di questo frontespizio seguono i privilegi di Leon X 129 e Francesco I. Indi in sei susseguenti
foglietti le tavole dei vocaboli e dei capitoli. Nell’ottavo foglio è l’orazione di Luigi Pirovano ai patrizi e al
popolo di Milano, da cui si riconosce che avanti di stampare questa traduzione, fu data a rivedere ed emendare a
Mauro Bono bergamasco, uomo in quest’arte esperto: a tergo di quest’indirizzo è la prefazione o dedica a
Francesco re di Francia e duca di Milano, stesa da Agostino Gallo novocomense, regio Referendario in Milano.
Dopo questi otto fogli comincia l’opera cosi Di Lucio Vitruvio Pollione, a Cesare Angusto, de Architectura
incomenza il primo libro. Translato in vulgare. sermone commentato ed figurato do Cesare Cesariano cittadino
mediolanense professore di architettura; con moltissime note ripiene di cognizioni in materia di arte e gran
numero di tavole intagliate in legno, fra le quali gli antichi disegni dell’alzato e pianta del duomo di Milano.
Continua il testo per cento ottanta tre fogli, nell’ultimo de’ quali finis. Qui finisce l’opera, preclara de L. Vitr.
Pol. de Architectura, traducta de latino in vulgare, historiata e commentata a spese e istanzia del magnifico D.
Augustino Gallo cittadino comense, e r. referendario ec. e del nobile D. Alvisio Pirovano patricio milanese. ec.
ec. Impressa nell’amena et delectevole citade de Como per magistro Goiardo da Ponte citadino milanese
nell’anno di N. S. G. Cristo 1521. 25 mensis Julii regnante il Christianissimo re di Francia Francisco Duca de
Milano etc. tic. A tergo è il registro de’ fogli: l’ultimo foglio poi contiene la tavola degli errori e una protesta
singolare del Gallo e del Pirovano contro il Cesariano che partì da Como, lasciando i suoi mecenati
nell’imbroglio della stampa e della revisione, dopo consegnatoli manoscritto: ragione per cui ebbero bisogno
dell’aiuto di Benedetto Giovio e Mauro Bono per condurre una sì laboriosa edizione.
Gli esemplari di bella conservazione sono rari; difficilmente si conosce il più insigne di questo nostro, che
apparteneva al Tuano.
A tergo di questo frontespizio seguono i privilegi di Leon X 129 e Francesco I. Indi in sei susseguenti
foglietti le tavole dei vocaboli e dei capitoli. Nell’ottavo foglio è l’orazione di Luigi Pirovano ai patrizi e al
popolo di Milano, da cui si riconosce che avanti di stampare questa traduzione, fu data a rivedere ed emendare a
Mauro Bono bergamasco, uomo in quest’arte esperto: a tergo di quest’indirizzo è la prefazione o dedica a
Francesco re di Francia e duca di Milano, stesa da Agostino Gallo novocomense, regio Referendario in Milano.
Dopo questi otto fogli comincia l’opera cosi Di Lucio Vitruvio Pollione, a Cesare Angusto, de Architectura
incomenza il primo libro. Translato in vulgare. sermone commentato ed figurato do Cesare Cesariano cittadino
mediolanense professore di architettura; con moltissime note ripiene di cognizioni in materia di arte e gran
numero di tavole intagliate in legno, fra le quali gli antichi disegni dell’alzato e pianta del duomo di Milano.
Continua il testo per cento ottanta tre fogli, nell’ultimo de’ quali finis. Qui finisce l’opera, preclara de L. Vitr.
Pol. de Architectura, traducta de latino in vulgare, historiata e commentata a spese e istanzia del magnifico D.
Augustino Gallo cittadino comense, e r. referendario ec. e del nobile D. Alvisio Pirovano patricio milanese. ec.
ec. Impressa nell’amena et delectevole citade de Como per magistro Goiardo da Ponte citadino milanese
nell’anno di N. S. G. Cristo 1521. 25 mensis Julii regnante il Christianissimo re di Francia Francisco Duca de
Milano etc. tic. A tergo è il registro de’ fogli: l’ultimo foglio poi contiene la tavola degli errori e una protesta
singolare del Gallo e del Pirovano contro il Cesariano che partì da Como, lasciando i suoi mecenati
nell’imbroglio della stampa e della revisione, dopo consegnatoli manoscritto: ragione per cui ebbero bisogno
dell’aiuto di Benedetto Giovio e Mauro Bono per condurre una sì laboriosa edizione.
Gli esemplari di bella conservazione sono rari; difficilmente si conosce il più insigne di questo nostro, che
apparteneva al Tuano.
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, Questa edizione non è dissimile da quella del 1513 dello stesso Giunta, se non in quanto che gli errori nella
prima descritti nell’indice, sono in questa corretti. Le figure sono esattamente le stesse.
Questa edizione non è dissimile da quella del 1513 dello stesso Giunta, se non in quanto che gli errori nella
prima descritti nell’indice, sono in questa corretti. Le figure sono esattamente le stesse.
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, Dopo il frontespizio riquadrato da un ornamento è la lettera del Durantino a’ lettori, indi la tavola dei vocaboli e
quella dei capitoli. In tutto i prolegomeni sono foglietti 22, compreso quello dell’errata che precede il testo, il
quale è di 110 foglietti con tavole in legno.
Dopo il frontespizio riquadrato da un ornamento è la lettera del Durantino a’ lettori, indi la tavola dei vocaboli e
quella dei capitoli. In tutto i prolegomeni sono foglietti 22, compreso quello dell’errata che precede il testo, il
quale è di 110 foglietti con tavole in legno.
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, Meno alcune correzioni di ortografia, poco dissimile è questa edizione da quella del 1524, e le tavole in legno
sono esattamente le stesse. Il frontespizio ha un contorno figurato di cavalli e trofei con varie marche; se alcuna
sembra doversi intendere per cifra dell’incisore, direbbesi esser quella nel mezzo a pie’ di pagina F. M.
Meno alcune correzioni di ortografia, poco dissimile è questa edizione da quella del 1524, e le tavole in legno
sono esattamente le stesse. Il frontespizio ha un contorno figurato di cavalli e trofei con varie marche; se alcuna
sembra doversi intendere per cifra dell’incisore, direbbesi esser quella nel mezzo a pie’ di pagina F. M.
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, Non produsse questo scrittore che la versione e il commento dei primi cinque libri. Confutando e nello stesso
tempo molto servendosi del Cesariano, poco aggiunse del proprio, qualche luogo emendando e molti storpiando.
Il frontespizio è figurato; dopo il privilegio di Clemente VII è la dedica, il ritratto del Conte Bigazzino, indi
comincia il testo contenuto in 131 fogl. Ma il primo conta da un asterisco, gli altri dai numeri.
Non produsse questo scrittore che la versione e il commento dei primi cinque libri. Confutando e nello stesso
tempo molto servendosi del Cesariano, poco aggiunse del proprio, qualche luogo emendando e molti storpiando.
Il frontespizio è figurato; dopo il privilegio di Clemente VII è la dedica, il ritratto del Conte Bigazzino, indi
comincia il testo contenuto in 131 fogl. Ma il primo conta da un asterisco, gli altri dai numeri.
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Con due tavole, l’una di lutto quello si contiene per i capi dell’opera, l’altra per dichiarazione di tutte le cose
d’importanza. Magnifica edizione intitolata al Cardinale Ippolito d’Este; con frontespizio doppio e figurato
intagliato in legno come lo sono tutte le bellissime tavole dell’opera collocate fra il testo. Questa versione non
solo, al parere anche del Poleni, è da anteporsi ad ogni altra italiana che conservasi, ma viene giustamente
riputata per la prima veramente italiana, esemplare di prima bellezza.
Con due tavole, l’una di lutto quello si contiene per i capi dell’opera, l’altra per dichiarazione di tutte le cose
d’importanza. Magnifica edizione intitolata al Cardinale Ippolito d’Este; con frontespizio doppio e figurato
intagliato in legno come lo sono tutte le bellissime tavole dell’opera collocate fra il testo. Questa versione non
solo, al parere anche del Poleni, è da anteporsi ad ogni altra italiana che conservasi, ma viene giustamente
riputata per la prima veramente italiana, esemplare di prima bellezza.
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, Vedesi in quest’edizione una delle solite frodi degli stampatori. Il Zitelli acquistò un numero d’esemplari della
prima edizione di queste note pubblicata in Roma dal Dossena nel 1544; cangiò i primi otto foglietti, cioè il
primo foglio di stampa ove pose anche un suo avviso agli studiosi e diede in tal modo a vedere di aver fatta una
nuova edizione. Non cangiò in fine alcun foglio e poiché dietro l’ultima pagina trovavasi il nome dello
stampatore Romano, lo cuoprì con una sottile striscia di carta, come può rilevarsi nel nostro e negli altri
esemplari: e come avverti anche lo stesso Poleni nelle sue exercitationes Vitruvianae.
Vedesi in quest’edizione una delle solite frodi degli stampatori. Il Zitelli acquistò un numero d’esemplari della
prima edizione di queste note pubblicata in Roma dal Dossena nel 1544; cangiò i primi otto foglietti, cioè il
primo foglio di stampa ove pose anche un suo avviso agli studiosi e diede in tal modo a vedere di aver fatta una
nuova edizione. Non cangiò in fine alcun foglio e poiché dietro l’ultima pagina trovavasi il nome dello
stampatore Romano, lo cuoprì con una sottile striscia di carta, come può rilevarsi nel nostro e negli altri
esemplari: e come avverti anche lo stesso Poleni nelle sue exercitationes Vitruvianae.
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, In questa edizione latina il Barbaro seguì particolarmente il testo dell’edizione del Filandro, 1552; meno alcune
varianti nelle quali preferì l’edizione di Fra Giocondo. Le tavole sempre fra il testo sono intagliate in legno.
In questa edizione latina il Barbaro seguì particolarmente il testo dell’edizione del Filandro, 1552; meno alcune
varianti nelle quali preferì l’edizione di Fra Giocondo. Le tavole sempre fra il testo sono intagliate in legno.
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, Edizione contemporanea alla latina e che sembra consentanea a molti luoghi di quella, unitamente che ad altre
avvertenze della prima italiana. Tanto in questa che nella latina sono alcune figure di più intagliate da quel
Giovanni Crugher tedesco, tutte però disegnate con molta eleganza.
Edizione contemporanea alla latina e che sembra consentanea a molti luoghi di quella, unitamente che ad altre
avvertenze della prima italiana. Tanto in questa che nella latina sono alcune figure di più intagliate da quel
Giovanni Crugher tedesco, tutte però disegnate con molta eleganza.
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, Quest’edizione è presa dalla precedente del 1567 colla differenza di essere assai meno corretta, ed essendo state
dallo stampatore in più luoghi omesse tavole necessarie, o sostituite alcune altre che non hanno che fare col testo.
Ma ciò che è più strano si è che il de’ Vecchi editore, ponendo il suo nome al proemio che aveva prodotto il
Franceschi nella più antica citata edizione, ove parla del Barbaro si esprime come se avesse avuto dialogo con lui
nelle materie vitruviane ed era morto 59 anni prima di questa seconda edizione: il che prova che ristampò e fece
suo il proemio del Franceschi, senza leggerlo.
Quest’edizione è presa dalla precedente del 1567 colla differenza di essere assai meno corretta, ed essendo state
dallo stampatore in più luoghi omesse tavole necessarie, o sostituite alcune altre che non hanno che fare col testo.
Ma ciò che è più strano si è che il de’ Vecchi editore, ponendo il suo nome al proemio che aveva prodotto il
Franceschi nella più antica citata edizione, ove parla del Barbaro si esprime come se avesse avuto dialogo con lui
nelle materie vitruviane ed era morto 59 anni prima di questa seconda edizione: il che prova che ristampò e fece
suo il proemio del Franceschi, senza leggerlo.
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