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Edizione prima e rara di questo libro; legato in mar dor. Il nostro esemplare combina colla descrizione datane dal de Bure e da altri bibliografi, cominciando coi quattro foglietti Elencus ossia Index rerum, indi la prefazione che incomincia Credo equidem e il fine ove sono li 32 versi latini, i quali cominciano Valturii nostrae Princeps altissime linguae, e terminano Teque sequi ec. indi: Johannes ex Verona oriundus Nicalai Cyrurgie meidici filius, Artis impressorias magister, hunc de re militari librum elegantissimum litteris et figuratis signis, sua in Patria, impressit an. 1472.
La preziosità singolare di questo libro è nelle stampe in legno eseguite probabilmente da Matteo Pasti Veronese, il quale unitamente a Vittore Pisano detto Pisanello, pur veronese, lavorò molto per li Malatesti di Rimino: e per conseguenza anche questi disegni che illustrarono un’opera di autore Ariminese dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta possono essere stati eseguiti da uno di quegli artefici, che erano per l’ingegno loro non, solo più chiari in Verona, dove il libro venne stampato, ma anche più accetti a que’ Mecenati sotto il cui dominio ogni ramo d’arte e di lettere godeva di nobilissima protezione. 82 sono le stampe sparse fra il testo, alcune delle quali difficili e complicate per la prospettiva, sono mirabilmente disegnate, in tutto ciò che alla figura umana appartiene: non veggiamo che siasi eseguita cosa migliore in quell’epoca, in cui le scuote della Germania vantavano uomini chiari e contendevano all’Italia il primato nel 125 le arti dell’intaglio e della stampa. L’Esopo del Tuppo è di gran lunga inferiore in merito di disegno, quantunque prodotto una dozzina d’anni dopo e ragionevolmente tengasi in tanto pregio. Aggiungiamo che lo stesso Valturio era disegnatore, come il riferiscono alcune lettere dal Battara riportate nella Raccolta Milanese: ma appunto esaminando le tavole del Valturio trovatisi differenze notabili fra alcune che possono essere tracciate da un ingegnere semplicemente e altre da un peritissimo artista. Oltre di che, giova notare la molta somiglianza, che passa tra alcuni disegni di queste figure e lo stile delle opere di scultura, che veggiamo in alcuni bellissimi medaglioni di Matteo Pasto e di Vettor Pisano, i quali erano in quell’età insigni nell’arte di modellare, dipingere, disegnate ec. Poco o nulla sul merito di queste tavole si estendono gli scrittori. Il Papilou ne tace, il sig. Ottley indica qualche cosa sull’assertiva data dal Maffei nella sua Verona illustrata e si riporta al fac simile che il sig Dibdin ha dato nella Spenceriana.
Edizione prima e rara di questo libro; legato in mar dor. Il nostro esemplare combina colla descrizione datane dal de Bure e da altri bibliografi, cominciando coi quattro foglietti Elencus ossia Index rerum, indi la prefazione che incomincia Credo equidem e il fine ove sono li 32 versi latini, i quali cominciano Valturii nostrae Princeps altissime linguae, e terminano Teque sequi ec. indi: Johannes ex Verona oriundus Nicalai Cyrurgie meidici filius, Artis impressorias magister, hunc de re militari librum elegantissimum litteris et figuratis signis, sua in Patria, impressit an. 1472.
La preziosità singolare di questo libro è nelle stampe in legno eseguite probabilmente da Matteo Pasti Veronese, il quale unitamente a Vittore Pisano detto Pisanello, pur veronese, lavorò molto per li Malatesti di Rimino: e per conseguenza anche questi disegni che illustrarono un’opera di autore Ariminese dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta possono essere stati eseguiti da uno di quegli artefici, che erano per l’ingegno loro non, solo più chiari in Verona, dove il libro venne stampato, ma anche più accetti a que’ Mecenati sotto il cui dominio ogni ramo d’arte e di lettere godeva di nobilissima protezione. 82 sono le stampe sparse fra il testo, alcune delle quali difficili e complicate per la prospettiva, sono mirabilmente disegnate, in tutto ciò che alla figura umana appartiene: non veggiamo che siasi eseguita cosa migliore in quell’epoca, in cui le scuote della Germania vantavano uomini chiari e contendevano all’Italia il primato nel 125 le arti dell’intaglio e della stampa. L’Esopo del Tuppo è di gran lunga inferiore in merito di disegno, quantunque prodotto una dozzina d’anni dopo e ragionevolmente tengasi in tanto pregio. Aggiungiamo che lo stesso Valturio era disegnatore, come il riferiscono alcune lettere dal Battara riportate nella Raccolta Milanese: ma appunto esaminando le tavole del Valturio trovatisi differenze notabili fra alcune che possono essere tracciate da un ingegnere semplicemente e altre da un peritissimo artista. Oltre di che, giova notare la molta somiglianza, che passa tra alcuni disegni di queste figure e lo stile delle opere di scultura, che veggiamo in alcuni bellissimi medaglioni di Matteo Pasto e di Vettor Pisano, i quali erano in quell’età insigni nell’arte di modellare, dipingere, disegnate ec. Poco o nulla sul merito di queste tavole si estendono gli scrittori. Il Papilou ne tace, il sig. Ottley indica qualche cosa sull’assertiva data dal Maffei nella sua Verona illustrata e si riporta al fac simile che il sig Dibdin ha dato nella Spenceriana.
Questa è l’edizione più rara e preziosa della versione di F. Tuppo non tanto perché le allusioni a cui mira il testo nel senso allegorico tendono (secondo alcuni) a ferire la corte di Roma, che appunto in quegli anni sotto il pontificato di Eugenio IV s’era trovato con Alfonso d’Aragona ad aspre contese quanto perché le tavole di legno singolarissime sono di prima e freschissima impressione, il de Bure quando ne parlò nella sua biblioteca istruttiva promosse il dubbio di alcuni bibliografi, che non s’accordavano nell’assegnare a questa edizione, piuttosto l’anno 1485 che il 1495, quantunque a chiare a grandi lettere sia espresso alla fine come diremo. Questo dottissimo bibliografo non aveva però veduto ancora alcun e-straniare dell’opera e non parlava che sulle riferte de’ suoi predecessori. Nullameno se avesse dubitato su qualche sbaglio d’impressione nei numeri romani dell’anno di stampa, come è tante volte accaduto, avrebbe potuto accertare con precisione e storica evidenza la cosa, se avesse potuto leggere rio che sta espresso così: Impressae Neapoli sub Ferdinando Illustris Sapientis, atque iustis in Siciliae Regno triumphatore. Il che basta ad escludere che in luogo del 85 si possa mai credere il 95, mentre il gran Ferdinando morì ai 25 gennaio 1494 cui successe quel vigliacco di Alfonso II, coronato li 8 maggio, che per paura dell’irruzione de’ Francesi in Italia abdicò 201 la corona ai 23 gennaio 1495 fuggendo per farsi farte in Sicilia, ma poi non sopravisse e morì nello stesso anno.
La stessa opera che fu riprodotta a l’Aquila nel 1493 non è meno rara forse della precedente di Napoli e sebbene le tavole siano contornate con ornamenti di tre specie, ripetuti, a riempimento delle pagine, vedesi essere della stessa mano sì le tavole che gli ornamenti, anzi per le prime sono adoperati gli stessi legni, racchiudendoli nei contorni, dei quali contorni o compartimenti uno si trova impiegato nella nostra edizione di Napoli al foglietto ut juvet, ove cominciano, dopo la Vita, le Favole. Il Brunet la dice anzi più rara, ma non è certamente più pregiata; ed è sempre una ristampa della prima, della quale noi diamo ora la descrizione da nessuno data finora. Comincia il volume colla dedica, la quale occupa le due pagine del primo foglietto. Francisco del Tappo Neapolitano alto Illustrissimo Honorato de Aragonia Gaitano, Conte de Fundi, Collaterale dello Serenissimo Re Don Ferando Re de Sicilia Prothonotario et Logothetha benemerito felicitate.
Segue un proemio di sedici Linee, poi immediatamente Libistici fabulatoris Esopi vita feliciter incipit.
Il testo della vita incomincia in latino e ad ogni capitolo dopo il testo si trova impressa la stampa in legno figurata a quello allusiva e inseguitola versione Italiana. I capitoli non sono numerati e solamente distinti per l’argomento impresso in lettere maiuscole come nel primo De conditione et origine eiusdem. Il tutto in ai capitoli con altrettante stampe, terminando Clarissimi fabulatoris Esopi vita feliciter finit. Sequuntur fabula.
Questa prima parte compresa la dedica, e due carte bianche, l’una in principio e l’altra in fine, è di 44 foglietti o carte. Seguono le favole cominciando il testo in mezzo a una riquadratura, che contorna la pagina prima. Protesis comparativa fabula prima. Dopo i versi latini segue l’Imago poi la Tropologia, l’Allegorìa, l’Anagoge e l’Exemplum. In questa Protesis, che il traduttore intitola favola indebitamente, non è figura: seguono poi tutte le favole numerate, cominciando col testo latino in versi che precede immediatamente la stampar la quale e seguita dalla versione intitolata Apologia, dalla Tropologia, dall’Allegoria, e da un esempio che la conferma confirmatio cum exempla, ove appunto incontransi strane descrizioni e racconti e allusioni politiche. Continuano tutte le favole con questa costanza alternativa fino alla favola 66 intitolata de Rustico et Plutone, ove segue la stampa, poi l’Apologus, la Tropologia, la Barciologia, la Conclusio allegorica, Confirmatio, Epilogus, e in fine: Francisci Tuppi parthenopei utriusque iuris disertissimi studiosissimique in vitam Esopi fabulatoris tepidissimi philosophique clarissimi traductio materno sermone fidelissima: et in eius fabulas allegoriae cum exemplis antiquis modernisque finiunt feliciter. Impressae Neapoli 202 sub Ferdinando Illustrissimo, sapientissimo, atque iustissimo in Siciliae Regno triumphatore sub anno Domini 1485 die XIII mensis Februarii, Finis. Deo Gratias.
Segue la tabula in fabulas Esapi e nella retro pagina di quest’ultimo foglietto il registro dei fogli, secondo il quale, esaminato il nostro esemplare, trovasi perfetto e ben conservato senza alcun mancamento. Questa seconda parte del volume contiene 124 foglietti o carte, l’ultima essendo bianca; le quali unite alle 44 della prima compongono l’intero volume in carte 168 ove incontransi 86 tavole intagliate in legno.
Fu riprodotta l’edizione di questo volgarizzamento anche in Venezia per Giovanni Andrea Vavassore detto Guadagnino in 8 nel 1533.
Quanto al merito delle favole non bisogna illudersi ed è uopo convenire che in Italia si poteva fare assai meglio, siccome molte opere intagliato in legno di quell’età il comprovano. Ma non può negarsi a queste figure un genere d’espressione singolare, il che ci farebbe propendere a crederla opera di maestri ialiani, quanto al disegno, piuttosto che oltramontani. E però vero che può osservarsi, come ci scrisse in questo argomento il chiarissimo sig. Ab. Pietro Zani, una differenza tra le tavole della vita d’Esopo e quelle delle favole; ma potrebbe nascere tanto da un diverso intagliatore, che da un diverso disegnatore. L’intaglio ha molto del tedesco e non non è da meravigliarsi se alcuno sostenesse essere l’artefice piuttosto alemanno che italiano. Notasi dal sig, Zani che le figure sono meglio intagliate che gli animali, sul che ci sarebbe permesso di dubitare, mentre sonovi anche animali disegnati in iscorcio con maestria; a cagion d’esempio la favola della rana e del bove al numero XXXXII non potrebbe meglio indicarsi di quel che è fatto; e così la 48 del pastore colla volpe in sui il cane sul davanti è disegnato con intelligenza ed espressione somma. E altresì vero che ai numeri 8,11, 25, 32, 39, 50, 51, 57,63, 65,66, dove non sono animali principalmente, il disegno sembra migliore, ma non crediamo però che possano dirsi due diversi artisti aver lavorato per le tavole, quando ciò non fosse per la vita, le cui tavole d’uno stile più grandioso segnano qualche differenza. È altresì vero che al n. 51 de Juvene et Thaide è stata copiata la stampa di Israel Van Meckens.
Questa è l’edizione più rara e preziosa della versione di F. Tuppo non tanto perché le allusioni a cui mira il testo nel senso allegorico tendono (secondo alcuni) a ferire la corte di Roma, che appunto in quegli anni sotto il pontificato di Eugenio IV s’era trovato con Alfonso d’Aragona ad aspre contese quanto perché le tavole di legno singolarissime sono di prima e freschissima impressione, il de Bure quando ne parlò nella sua biblioteca istruttiva promosse il dubbio di alcuni bibliografi, che non s’accordavano nell’assegnare a questa edizione, piuttosto l’anno 1485 che il 1495, quantunque a chiare a grandi lettere sia espresso alla fine come diremo. Questo dottissimo bibliografo non aveva però veduto ancora alcun e-straniare dell’opera e non parlava che sulle riferte de’ suoi predecessori. Nullameno se avesse dubitato su qualche sbaglio d’impressione nei numeri romani dell’anno di stampa, come è tante volte accaduto, avrebbe potuto accertare con precisione e storica evidenza la cosa, se avesse potuto leggere rio che sta espresso così: Impressae Neapoli sub Ferdinando Illustris Sapientis, atque iustis in Siciliae Regno triumphatore. Il che basta ad escludere che in luogo del 85 si possa mai credere il 95, mentre il gran Ferdinando morì ai 25 gennaio 1494 cui successe quel vigliacco di Alfonso II, coronato li 8 maggio, che per paura dell’irruzione de’ Francesi in Italia abdicò 201 la corona ai 23 gennaio 1495 fuggendo per farsi farte in Sicilia, ma poi non sopravisse e morì nello stesso anno.
La stessa opera che fu riprodotta a l’Aquila nel 1493 non è meno rara forse della precedente di Napoli e sebbene le tavole siano contornate con ornamenti di tre specie, ripetuti, a riempimento delle pagine, vedesi essere della stessa mano sì le tavole che gli ornamenti, anzi per le prime sono adoperati gli stessi legni, racchiudendoli nei contorni, dei quali contorni o compartimenti uno si trova impiegato nella nostra edizione di Napoli al foglietto ut juvet, ove cominciano, dopo la Vita, le Favole. Il Brunet la dice anzi più rara, ma non è certamente più pregiata; ed è sempre una ristampa della prima, della quale noi diamo ora la descrizione da nessuno data finora. Comincia il volume colla dedica, la quale occupa le due pagine del primo foglietto. Francisco del Tappo Neapolitano alto Illustrissimo Honorato de Aragonia Gaitano, Conte de Fundi, Collaterale dello Serenissimo Re Don Ferando Re de Sicilia Prothonotario et Logothetha benemerito felicitate.
Segue un proemio di sedici Linee, poi immediatamente Libistici fabulatoris Esopi vita feliciter incipit.
Il testo della vita incomincia in latino e ad ogni capitolo dopo il testo si trova impressa la stampa in legno figurata a quello allusiva e inseguitola versione Italiana. I capitoli non sono numerati e solamente distinti per l’argomento impresso in lettere maiuscole come nel primo De conditione et origine eiusdem. Il tutto in ai capitoli con altrettante stampe, terminando Clarissimi fabulatoris Esopi vita feliciter finit. Sequuntur fabula.
Questa prima parte compresa la dedica, e due carte bianche, l’una in principio e l’altra in fine, è di 44 foglietti o carte. Seguono le favole cominciando il testo in mezzo a una riquadratura, che contorna la pagina prima. Protesis comparativa fabula prima. Dopo i versi latini segue l’Imago poi la Tropologia, l’Allegorìa, l’Anagoge e l’Exemplum. In questa Protesis, che il traduttore intitola favola indebitamente, non è figura: seguono poi tutte le favole numerate, cominciando col testo latino in versi che precede immediatamente la stampar la quale e seguita dalla versione intitolata Apologia, dalla Tropologia, dall’Allegoria, e da un esempio che la conferma confirmatio cum exempla, ove appunto incontransi strane descrizioni e racconti e allusioni politiche. Continuano tutte le favole con questa costanza alternativa fino alla favola 66 intitolata de Rustico et Plutone, ove segue la stampa, poi l’Apologus, la Tropologia, la Barciologia, la Conclusio allegorica, Confirmatio, Epilogus, e in fine: Francisci Tuppi parthenopei utriusque iuris disertissimi studiosissimique in vitam Esopi fabulatoris tepidissimi philosophique clarissimi traductio materno sermone fidelissima: et in eius fabulas allegoriae cum exemplis antiquis modernisque finiunt feliciter. Impressae Neapoli 202 sub Ferdinando Illustrissimo, sapientissimo, atque iustissimo in Siciliae Regno triumphatore sub anno Domini 1485 die XIII mensis Februarii, Finis. Deo Gratias.
Segue la tabula in fabulas Esapi e nella retro pagina di quest’ultimo foglietto il registro dei fogli, secondo il quale, esaminato il nostro esemplare, trovasi perfetto e ben conservato senza alcun mancamento. Questa seconda parte del volume contiene 124 foglietti o carte, l’ultima essendo bianca; le quali unite alle 44 della prima compongono l’intero volume in carte 168 ove incontransi 86 tavole intagliate in legno.
Fu riprodotta l’edizione di questo volgarizzamento anche in Venezia per Giovanni Andrea Vavassore detto Guadagnino in 8 nel 1533.
Quanto al merito delle favole non bisogna illudersi ed è uopo convenire che in Italia si poteva fare assai meglio, siccome molte opere intagliato in legno di quell’età il comprovano. Ma non può negarsi a queste figure un genere d’espressione singolare, il che ci farebbe propendere a crederla opera di maestri ialiani, quanto al disegno, piuttosto che oltramontani. E però vero che può osservarsi, come ci scrisse in questo argomento il chiarissimo sig. Ab. Pietro Zani, una differenza tra le tavole della vita d’Esopo e quelle delle favole; ma potrebbe nascere tanto da un diverso intagliatore, che da un diverso disegnatore. L’intaglio ha molto del tedesco e non non è da meravigliarsi se alcuno sostenesse essere l’artefice piuttosto alemanno che italiano. Notasi dal sig, Zani che le figure sono meglio intagliate che gli animali, sul che ci sarebbe permesso di dubitare, mentre sonovi anche animali disegnati in iscorcio con maestria; a cagion d’esempio la favola della rana e del bove al numero XXXXII non potrebbe meglio indicarsi di quel che è fatto; e così la 48 del pastore colla volpe in sui il cane sul davanti è disegnato con intelligenza ed espressione somma. E altresì vero che ai numeri 8,11, 25, 32, 39, 50, 51, 57,63, 65,66, dove non sono animali principalmente, il disegno sembra migliore, ma non crediamo però che possano dirsi due diversi artisti aver lavorato per le tavole, quando ciò non fosse per la vita, le cui tavole d’uno stile più grandioso segnano qualche differenza. È altresì vero che al n. 51 de Juvene et Thaide è stata copiata la stampa di Israel Van Meckens.